Scopo dello studio. Dati limitati sono disponibili sull’incidenza e il tipo di interventi appropriati o meno dell’ICD in prevenzione primaria. Scopo del nostro studio è valutare il numero e il tipo di interventi del defibrillatore impiantato in prevenzione primaria.
Pazienti e metodo. Abbiamo retrospettivamente selezionato e analizzato i dati di 76 pazienti (maschi 86%, età media 66 ± 11 anni, cardiopatia ischemica 62%, cardiomiopatia dilatativa idiopatica 38%) con depressa funzione del ventricolo sinistro, sottoposti a impianto in prevenzione primaria di ICD monocamerale, bicamerale e biventricolare, come da linee guida. L’ICD è stato programmato con 2 zone di riconoscimento standard: una zona (TV) per le tachicardie ventricolari con una finestra tra 160 e 200 bpm e una zona (FV) per la fibrillazione ventricolare con una finestra > 200 bpm; le terapie di shock sono state programmate in entrambe le zone alla massima energia (31 Joule), nella zona di TV è stata programmata anche terapia anti-tachicardica (ATP).
Risultati. A un follow-up medio di 21,2 ± 10,7 mesi si sono verificate aritmie nel 35% dei pz (TV nel 27,6% e FV nel 18,4% dei casi). Non è stata riscontrata nessuna differenza statisticamente significativa tra le percentuali di intervento del dispositivo nei vari sottogruppi a eccezion fatta per i pazienti non ischemici che ricevono più interventi in zona TV rispetto ai pazienti ischemici (37,5% vs 20,4%, p=0,03).
Conclusioni. Alla luce dei nostri risultati si evince che anche in prevenzione primaria il rischio aritmico risulta essere elevato. Il numero di episodi di TV è maggiore nei pazienti con cardiopatia non ischemica rispetto a quelli con cardiopatia ischemica.