La fibrillazione atriale e il controllo della frequenza ventricolare: approccio terapeutico e valutazione dell'efficacia del trattamento
La rilevanza clinica e i costi della fibrillazione atriale (FA) hanno incrementato l’interesse per il controllo della frequenza ventricolare come strategia per il trattamento della FA a lungo termine, presentando un favorevole rapporto costo-efficacia. Studi prospettici (PIAF, AFFIRM, RACE) hanno evidenziato che il controllo della frequenza, associato a profilassi della tromboembolia, è una terapia valida in tutte le forme di FA. Il razionale per tale approccio si fonda sulla relazione tra le alterazioni associate a FA (frequenza ventricolare inappropriatamente elevata, perdita del contributo atriale, irregolarità della frequenza ventricolare) e le alterazioni emodinamiche che si riscontrano nei pazienti. La presenza di frequenza ventricolare persistentemente elevata può causare gradi variabili di disfunzione contrattile, fino a sfociare nello scompenso cardiaco da tachicardiomiopatia. Una corretta identificazione di tale processo può consentire una reversibilità del quadro mediante adeguato controllo della frequenza e/o del ritmo. Sebbene il controllo della frequenza in acuto (ore) sia classicamente basato sull’uso della digitale, i calcio antagonisti e i beta-bloccanti, in pazienti senza disfunzione ventricolare sinistra, si sono dimostrati più efficaci. Nella FA cronica il controllo della frequenza a lungo termine (mirato alla riduzione di morbilità/mortalità e a incrementare la qualità di vita) deve essere adattato allo specifico paziente, anche in considerazione delle attività quotidiane e dello sforzo. Ci. nonostante non vi è attualmente alcuna definita indicazione sull’uso della prova da sforzo e del monitoraggio Holter per valutare l’adeguatezza di questa strategia in tale ottica. La scelta del farmaco e/o della terapia non farmacologica per il controllo della frequenza ventricolare deve, attualmente, basarsi sulla valutazione clinica, e in particolare sull’eventuale cardiopatia e/o disfunzione emodinamica. In particolare, nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra la terapia farmacologica attualmente da preferire è costituita dai beta-bloccanti, tranne nelle forme non stabilizzate. In alcuni casi anche le opzioni non farmacologiche, in primis l’ablazione del nodo atrioventricolare con pacing permanente, possono costituire un’efficace strategia.